giovedì 7 marzo 2013

Filippo Timi: quasi cieco, balbuziente, epilettico e come se non bastasse, frocio






Qualche giorno fa su Facebook mi è capitato di leggere degli apprezzamenti molto erotici  di un mio amico gay su Filippo Timi, uno dei miei attori preferiti. 
So, ormai x esperienza, che ai gay piacciono per lo più omaccioni bruni super eteri, magari anche un pò pelati o con la pancetta.
Ma il mio Filippo, no. Non me l'aspettavo ed ed è per questo che vi allego una sua intervista, che mi ha alquanto sconvolto.




Intervista di  Andrea Batilla

Ormai sono pochi quelli che non hanno sentito il nome di Filippo Timi: successo editoriale dell’anno con il suo libro autobiografico “Tuttalpiù muoio”, vincitore del premio UBU come migliore attore under 30, protagonista dello spettacolo tratto dal libro “La vita bestia”. Quando è stato dalla Dandini lo share è schizzato alle stelle tanto che l’hanno invitato di nuovo. Aggiungiamo che a Cannes è stato presentato il suo ultimo film di Teresa Villaverde e che sarà protagonista del nuovo film di Saverio Costanzo (quello di Private). Una vita assolutamente non ordinaria: quasi cieco, balbuziente, epilettico fino a poco tempo fa e, come se non bastasse, frocio. Aggiungo io: bello come il sole. Gli sono stato alle costole per tre giorni e, inevitabilmente, mi sono innamorato di lui.Filippo Timi racconta la propria vita come se fosse un patrimonio universale, nel suo libro ma anche con la sua voce, incessantemente, a tutti, con l’ansia di chi ha visto la verità e la deve rivelare. Sembra che tutta la sua storia sia costruita intorno alla possibilità di essere ascoltato e creduto. Leggo il libro, leggo tutte le decine di articoli che sono usciti su di lui e quando lo incontro ho una gran voglia di farlo a fette, giornalisticamente parlando.

- Perché uno decide di scrivere un libro con tutta la propria vita dentro e di darla agli altri senza filtro?
- Per fare qualcosa per il mondo, per trovare la propria altezza morale. Un uomo che si dica uomo cerca la verità in sé e non vuole sprecare la propria vita inseguendo fantasmi o scappando da finti fantasmi. Magari è giusto scappare, ma da fantasmi veri.
- Qual è la ragione per cui così tante persone lo stanno comprando?
- Perché il libro è energizzante, si sente che c’è dentro qualcosa che brucia, che è autentico. Il mondo con l’autenticità si comporta da gazza. La vuole rubare. E quando dico autenticità intendo una verità sia fisica che metafisica.
- Ma come la mettiamo col fatto che dietro ogni tipo di operazione commerciale degli ultimi anni c’è lo stesso tipo di tentativo? Intendo i reality o Melissa P.
- E’ la differenza che c’è tra il Grande Fratello e Eyes Wide Shut. Uno è finto e l’altro è vero. Nel primo non c’è nessun vero tentativo di cercare l’autenticità, di raccontare o far raccontare un percorso interiore. Nel mio libro c’è una ricerca interiore vera. Se avessi voluto fare un’operazione commerciale non sarebbe stato di 450 pagine né mi sarei appoggiato ad una casa editrice piccola, non ci sarebbero parti scritte in umbro. Insomma non è Moccia, non è “Tre metri sopra il cielo” . E’ 50 kilometri dentro il buco del culo del cuore. Fa male.
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Vado a vedere Filippo a teatro due volte. Lo spettacolo si chiama “ La vita bestia” ed è un monologo autobiografico. La sua recitazione cattura come un buco nero, o una supernova. Per quanto continui a ripetermi che quello che dice magari non è tutto vero non posso fare a meno di crederci. Anche quando mi parla mi inquieta. So che non può vedermi bene eppure ho la sensazione che mi veda meglio di chiunque altro. Mentre lo riaccompagno a casa scoppia un temporale violento, tropicale. Davanti a noi un fulmine cade su un’aiuola.

- Una cosa che mi è successa leggendo il libro e che succede, credo, a tutti quelli che lo leggono è che si sente compassione, sia nel senso di patire insieme sia nel senso proprio della parola. Piango ma per fortuna non sono così sfigato, in poche parole.
- Però poi cambi idea quando mi incontri. Uno è Filo, un personaggio. E’ me chiaramente ma reso puro, scarnificato. Nel libro è travolto da un’eruzione vulcanica di eventi, belli, brutti, travolgenti e comunque scottanti. Quando mi si incontra ci si accorge che il vulcano sono io stesso. Il libro è scritto da un autore, sono io allo stesso tempo vittima e carnefice, io mia mamma, la mia cecità, la mia balbuzie.
Al ristorante il cameriere distribuisce i menu. Tutti leggono. Leo chiede a Filippo cosa prende e lui con un tono di voce solo leggermente più basso del normale chiede se qualcuno gli può leggere la lista. Io gli sfilo dalle mani il menu e glielo leggo. E’ cieco veramente.
- Forse sulla carta diventa patetico perché uno si confronta con la reazione che avrebbe se fosse cieco, balbuziente, stuprato.

- Credo che la reazione del lettore sia: se succedesse a me non ce la farei mai ad affrontarlo.
- Solo perché non ti è accaduto. Una madre trova la forza di sollevare una macchina se sotto c’è suo figlio da salvare. In realtà la cosa patetica è immaginarsi con quei problemi e darsi la prima risposta facile: non ce la farei. Invece ce la fai. L’essere umano è la specie animale che più è stata capace ad adattarsi. Sopravviviamo perché siamo i parassiti più bravi, i virus più resistenti.
- Nel libro c’è un sacco di dolore che è una cosa che generalmente oggi si tiene molto nel frigorifero e si usa a scopi commerciali. Tu hai una maniera di raccontarlo che lo rende una cosa possibile e affrontabile. Pensi che il fatto di raccontare tutto questo dolore in questo modo sia un altro motivo del successo del libro?
- Ogni dolore autentico esce fuori quando prendi coscienza di te e quando prendi coscienza dei tuoi limiti. Il dolore più grande è il dolore di avere limiti. Essere povero mi fa male perché mi limita. Amare solo le donne perché mi si dice che essendo uomo devo amare solo le donne è un dolore perché mi limita. Andare solo verso il paradiso mi limita. La borghesia, l’ipocrisia, mi limitano. L’unica mia ricerca è non avere limiti. Fino all’immortalità.

Tra due uomini non può esserci sopravvivenza. Due uomini che si amano non hanno compromessi. Volevo essere un ragazzino che gioca a pallone e alle feste è benvenuto. Che va in motorino e limona con la fidanzata in garage. Invece mi sono ritrovato a fare pompini. No, non è stata la violenza. L’unica violenza me l’ha fatta Sonia Sorci smettendo di ballare…sono rimasto solo. Ho cercato di essere Sonia e di amare i ragazzi, di amarli come avrei voluto che Sonia amasse me. Se in queste condizioni andassi a fare all’amore con una donna altro che amore, io l’ammazzo, la squarto. Quindi mi faccio inculare. In questo modo non ammazzo nessuno e mi autopunisco per aver paura di amare.
- Perché tutto ciò? Me lo spieghi?
- Tra due uomini non può esserci amore perché non può esserci contratto.Perché credo che sia una cosa realmente più grande. L’unica frase che mi viene in mente per spiegarlo è di Georges Bataille : “Io sono superfluo al mondo e quindi posso essere quello che voglio”. Due uomini spontaneamente o geneticamente non sono fatti per amarsi eppure capita. E quindi è qualcosa che va oltre, che è più grande, eccezionale. In realtà voler giocare a pallone vuol dire solo che mi sarebbe piaciuto avere un passato non traumatico, normale nell’accezione anche brutta del termine, canonico. In cui ogni scoperta è tranquilla, è assecondata da un pensiero comune, quello del ragazzo che gioca a pallone. Nascere fuori dall’idea di normalità dell’epoca è traumatico. Però poi nego tutto dicendo che il vero trauma è che io sono stato innamorato di una persona che ha smesso di sognare, Sonia Sorci. L’unico vero trauma è quando smetti di sognare.

Filippo Timi in mutande parla di sesso, amore e… depilazione!
A tavola, mentre Filippo è fuori a fumare, il discorso cade su Sonia Sorci, la vera protagonista del libro, il primo amore e anche l’ultimo, la causa di tutto. Ci domandiamo come abbia reagito a leggersi così. Quando Filippo rientra glielo chiediamo. Sonia, ci dice, non sapeva che sarebbe finita dentro un libro con il suo vero nome. Ma quando ha letto le prime pagine ha pianto. Ha finalmente visto la verità che c’era dall’altra parte.

- Si però quello che è successo a te e a milioni di altri gay è una marcia verso la constatazione del fatto che tutto questo è anche estremamente normale.
- La ricerca di se stessi è certo estremamente normale. Ma se hai avuto il tuo primo rapporto sessuale sotto forma di stupro, senza amore, senza riconoscimento la reazione è di essere disposti a tutto pur di essere accettati da lì in poi. Che non c’entra niente con la possibilità di amare un uomo. Io non ho scoperto di essere gay attraverso la penetrazione prematura e violenta. Quello è stato un trauma e basta e non ha niente a che vedere con una direzione sessuale. Il casino è che quando accadono queste cose per un periodo sei costretto a sentirti gay per accetare che qualcuno ti abbia fatto del male. Mi dicevo, te la sei cercata perché sei omosessuale. Omosessuale uguale tragedia, uguale essere sfruttato, uguale essere inculato.
- E invece adesso cosa pensi?
- Ora non più. Quella è stata una violenza. Essere gay non centra con l’essere rotti in culo. E’ un regalo sovraumano.
- Ma anche riuscire ad amare una donna è un regalo sovraumano, no?
- Geneticamente, all’atto pratico, ogni volta che faccio l’amore con una donna è spontaneo e io mi sento un uomo. Premettendo che non credo di avere mai amato fino in fondo né una donna né un uomo. I miei amori con gli uomini sono finora tutti impossibili
- Ma sono i tuoi amori con gli uomini che sono impossibili, non sono gli amori del mondo.
- No, certo. sto parlando di cose che sono assolutamente autoreferenziali. Quando accetterò di amare e di essere amato magari mi sveglierò una mattina dopo aver fatto l’amore con un uomo e sarò anch’io un uomo.

Durante la cena un bellissimo uomo con gli occhi verdi sta seduto vicino a Filippo. Guardandoli penso che sarebbero fatti l’uno per l’altro. Ma forse Filippo recita apertura verso il mondo quando in realtà non vuole nessuno.
Il giorno dopo Filippo chiama Leo. Una strana telefonata. Gli chiede aiuto. Ha incontrato qualcuno che gli piace molto ma ha paura. Leo, che sa cos’è la paura, gli dice di lasciarla entrare e di rispondere al telefono se è il ragazzo che gli piace a chiamare.
- Secondo te cosa vuol dire perdonare?
- Io non credo al perdono. Non esiste il perdono perché non esiste colpa. Gli incidenti ci autocapitano. Non esiste né fato né destino. Sto imparando a guidarmi nei sogni adesso ma farlo nella vita è molto più difficile. Dovremmo svegliarci nei sogni e guidarci nella vita.
- Nel libro ci sono dei brani, soprattutto quando parli di tua madre, che sono a volte molto teneri, di grandissimo amore, a volte molto cattivi. Nel rapporto genitori figli c’è quasi sempre il meccanismo colpa perdono.

- Sì. E’ vero.
- Colpa non premeditata forse. Ma colpa. E se c’è colpa forse dovrebbe esserci anche perdono.
- In me è piuttosto oggettivo il fatto che non mi spaventa usare immagini o parole forti o bestemmiare contro i miei genitori.
- E a loro?
- Problemi loro. Però non mi spaventa neanche stare alzato fino alle tre del mattino per spiegargli una cosa, anche una cazzata magari o semplicemente per dirgli che li amo. E’ difficile dire al proprio papà : “papà ti voglio bene, sono fiero di te anche se sei un contadino, anzi, tu sei un filosofo per me” ma faccio anche quello. Credo di avere dei genitori molto antichi. C’è un rimando a qualcosa di più profondo e di più lontano. Da quando per forza ho dovuto capire che gli unici genitori che avevo ero io ho fatto un passo avanti. Oscillo dall’incontrare questi due vecchietti che amo e che sento che mi darebbero tutto quello che loro credono che io abbia bisogno, al sentire la necessità di qualcos’altro che loro neanche si immaginano e non si preoccupano di darmi. E allora lì ci vuole intelligenza. Anche se a volte è di un colore strano. Io non voglio capire o tollerare certe cose perché sento che è politicamente scorretto, servirebbe per un placido sopravvivere ma in realtà che me ne frega di non pizzicare quel do e quel re perché l’armonia stabilita non suoni strana. Suoniamo questo requiem.


Filippo è astemio da qualche anno. Ma beve tutto quello che sente intorno a lui. Sandra racconta di una sera in cui ubriaca al Plastic comincia a vedere tutti senza testa e a trovarlo assolutamente normale. Filippo ascolta, ride, assorbe e la sera dopo ci comunica che l’episodio è già entrato nel suo prossimo libro. La realtà gli è utile e lui non la cambia. La racconta.
- Però ci sono delle note che suoni più di altre. Tutto quello che attiene alle malattie fisiche è più lieve, più consapevole, quando si arriva all’episodio della storia d’amore sembra che ci sia meno maturità, meno consapevolezza.
- Certo, perché c’è un altro essere umano che si interpone tra me e la storia e poi perché forse non sono capace a relazionarmi con un amore e in questo caso con un amore del mio stesso sesso. E’ chiaro che é come se fossi un sedicenne attaccato agli ovetti kinder.
“ Ecco, con David mi sento così, esattamente come quella puttana, capace di innamorarsi solo perché uno non è stronzo con me. Solo perché uno mi tratta da essere umano. Se mi sorride già mi vedo salvato”
- Se una persona anche solo mi sorride o mi fa una carezza già mi sembra eccezionale. Come quei cani che sono stati bastonati in continuazione e quando si avvicina qualcuno per accarezzarli si ritraggono perchè si aspettano una botta. Anche se ricevono una carezza si aspettano la botta e non ne sentono la dolcezza. Quindi ci vorrebbe un amore che fosse così bravo da riuscire a farsi breccia in questa crosta di terrore. Io dichiaro pubblicamente che non ho mai amato, mai, mai.
- Dici le cose in una maniera così assoluta che a volte è difficile interloquire. Che cosa centra secondo te questo con il fatto che fai l’attore?
- Fare l’attore per quel che mi riguarda non è interpretare. E’ più vicino agli atti di psicomagia di jodorowsky, è qualcosa di più semplice. Credo di fare l’attore come lo fanno in pochi.
- Quindi, per finire, c’è una speranza?
- Chiaro che no.L’unica speranza è imparare a guardarsi nei sogni e poi nella vita. E comunque è una speranza che costa cara.Costa così tanto che tuttalpiù muoio. Solo se arrivi a dirti questo allora può darsi che attraversi la strada e il treno del nulla non ti becca. C’è un’unica possibilità. Ma percorrere quella strada e a quella velocità di cuore, di pensiero, di amore, di tutto è un rischio grosso e bisognerebbe umanamente prenderselo addosso. Anche se siamo abituati a preservarci, a farci i cazzi nostri. E quella speranza non si ottiene così, deve essere un donarsi alla ricerca della propria autenticità. Un cono di luce stellare meraviglioso ma molto difficile da vedere. Molto difficile.
Quando sente parlare di luce stellare Klaus, seduta vicino a noi al bar, ordina una seconda vodka.
Torno a vedere Filippo. Sul palco c’è un cane vero dipinto di rosa. Capisco che sta giurando fedeltà alla sua idea di amore e a un uomo con gli occhi verdi che è seduto in prima fila.
Incontrare Filippo Timi è un’esperienza devastante. Che va fatta. Per farlo basta leggere il suo libro.
Se leggete un solo libro all’anno leggete questo. Vi farà bene.



































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